AlziNO la mano quanti, anche tra i più attempati, ricordano chi fosse Kim Vilfort. “Scusa un attimo – potrebbe obiettare qualche maniaco del pallone – ma Vilfort non è forse quello che segnò il gol del 2-0 nella finale tra Danimarca e Germania all’Europeo del 1992?”. Domanda legittima, alla quale sarebbe altrettanto legittimo rispondere “sì” raccontando una storia che, nel bene e nel male, ha assunto i contorni di una favola (si ricordi sempre che stiamo parlando della patria di Andersen, che qualche competenza in materia di favole l’aveva…).
Estate 1992. Tra le formazioni qualificate all’Europeo di Svezia non c’è l’Italia (galeotto il palo colpito da Ruggiero Rizzitelli nella partita contro la Russia!). C’è però la Jugoslavia. I balcanici sono reduci da una buona prestazione ai Mondiali italiani di due anni prima, dai quali sono stati eliminati soltanto ai rigori contro l’Argentina nei quarti di finale e possono contare su una squadra di tutto rispetto: dai futuri juventini e laziali Vladimir Jugovic e Alen Boksic al “Genio” Dejan Savicevic e Dragan Pixie Stojkovic, passando per Robert Jarni e Davor Suker. Ma la guerra civile scoppiata nei Balcani in primavera porta la FIFA e l’UEFA a escludere la selezione jugoslava da tutte le competizioni internazionali e così, in sede di ripescaggio, viene premiata la Danimarca seconda classificata nel girone di qualificazione vinto dagli slavi. La Nazionale allenata da mister Richard Moeller Nielsen si ritrova così catapultata nella competizione continentale con una sola settimana di preavviso.
A disposizione del tecnico danese c’è tuttavia una squadra di non più che discreti giocatori con qualche eccellenza, tipo il portiere Peter Schmeichel, che di lì a pochi anni realizzerà uno splendido treble difendendo i pali del Manchester United, e i fratelli Michael e Brian Laudrup. Tra i venti convocati però non c’è la stella indiscussa Michael Laudrup, rimasto a casa per divergenze con il tecnico Nielsen. Regolarmente abile e arruolato è invece Kim Vilfort: centrocampista nato a Copenaghen nel 1962, da sei anni è uno dei pilastri del Broendby (squadra in cui terminerà la carriera e per la quale lavora ancora oggi come allenatore delle giovanili) con cui vincerà 7 campionati e 3 Coppe di Danimarca. In quel periodo però Vilfort vive un vero e proprio dramma familiare, dato che la figlioletta Line di soli 8 anni è costretta a combattere contro una grave forma di leucemia. Kim, complice anche la favorevole distanza geografica tra la Svezia e la sua Danimarca, raggiunge così un accordo con il proprio allenatore: al termine di ogni partita potrà tornare a casa per stare vicino alla piccola.
Nel frattempo l’Europeo inizia e la Danimarca si ritrova inserita in un girone apparentemente impossibile e comprendente anche l’Inghilterra, la Francia e la Svezia padrona di casa. La prima partita vede i danesi impegnati contro gli inglesi: i pronostici sono tutti a favore della squadra di Sua Maestà, ma gli attacchi dei vari Alan Smith, David Platt e Gary Lineker vanno ad infrangersi contro il muro eretto da Schmeichel e compagni e lo 0-0 resta fino al 90’. L’equilibrio nel girone regna comunque sovrano, visto il contemporaneo pareggio tra Svezia e Francia, e la seconda giornata mette di fronte proprio danesi e svedesi in una sfida che 12 anni più tardi in Portogallo assumerà ben altri contorni. La sfida giocata allo stadio Rasunda di Solna si chiude con il successo degli svedesi per 1-0 grazie all’acuto di Thomas Brolin all’inizio del secondo tempo. Per i danesi l’eliminazione sembrerebbe cosa fatta visto il solo punto raccolto in due gare, ma il pareggio a reti bianche tra Francia e Inghilterra dà ancora una chance alla nazionale di mister Nielsen, che potrebbe ottenere il pass per la semifinale battendo proprio i transalpini allenati da Michel Platini (sì, lui!). La gara si gioca a Malmoe il 17 giugno e dopo otto minuti è Henrik Larsen, ex meteora del campionato italiano con la maglia del Pisa, a indovinare la giocata che regala il vantaggio alla Danimarca. Come un gigante ferito la Francia si butta in avanti alla ricerca dei gol che varrebbero vittoria e qualificazione e dopo un’ora di gioco ci pensa Jean-Pierre Papin a ripristinare la parità. A questo punto tutti si aspettano che a spalancare le porte ai francesi le porte della semifinale sia un acuto di Cantona, di Boli o dello stesso Papin. Qualche minuto più tardi Nielsen effettua una sostituzione in attacco togliendo dal campo Torben Frank per inserire Lars Elstrup, (semi)sconosciuto attaccante in forza all’Odense. Nel frattempo il cronometro scorre e si arriva al minuto numero 78: azione di rimessa della Danimarca e palla che passa dai piedi di Andersen a quelli di Povlsen, il quale innesca…Elstrup! La punta da poco subentrata si presenta al cospetto del portiere Martini e lo batte spedendo in semifinale quella squadra che fino a una manciata di giorni prima non avrebbe dovuto nemmeno partecipare a questo Europeo.
Si resta in Svezia, dunque. Per Vilfort, invece, prosegue il viaggio sull’asse Stoccolma-Copenaghen per dare cure e conforto a quel piccolo angioletto che per lui conta infinitamente di più rispetto ad un tackle per portar via il pallone a Cantona piuttosto che a Rijkaard.
Intanto arriva il 22 giugno e a Goteborg è tempo, per lo stesso Kim e per i suoi compagni di squadra, di scendere in campo per giocare la difficilissima semifinale contro l’Olanda campione d’Europa in carica. Se nelle precedenti partite i pronostici erano tutti a sfavore di Schmeichel e soci, stavolta l’eliminazione appare cosa certa: di fronte ci sono nomi che vanno dal trio milanista Frank Rijkaard-Ruud Gullit-Marco Van Basten ai vari Ronald Koeman, Frank De Boer e Dennis Bergkamp. Passano appena cinque minuti e Larsen bissa quanto fatto contro la Francia e segna il gol del vantaggio. Al 23’ ci pensa Bergkamp a ripristinare la parità su assist di Rijkaard, ma dieci minuti più tardi Larsen concede il bis e porta nuovamente in vantaggio i danesi. Passano i minuti, l’Olanda continua a spingere alla ricerca del pari, ma i biancorossi tengono botta nonostante l’infortunio occorso all’altro Andersen, Henrik. Sembra fatta, ma all’86’ un pallone beffardo viaggia dalla testa treccioluta di Gullit al piede di Rijkaard, la cui conclusione non dà scampo a Schmeichel. 2-2, che a questo punto della partita vuol dire supplementari. La mezz’ora di extra-time è una vera e propria sofferenza per la truppa di mister Nielsen. Gli olandesi premono con le proprie bocche di fuoco, ma a fermarli sono la sfortuna, l’imprecisione e, soprattutto, un omone di nome Peter Schmeichel che con i guantoni arriva dappertutto. Si va così ai calci di rigore. Koeman non sbaglia, Larsen nemmeno. Poi arriva il turno di Marco Van Basten, l’uomo che solo quattro anni prima aveva portato i Tulipani sul tetto d’Europa con lo splendido gol che aveva piegato l’Unione Sovietica e che da anni tiene il Milan in cima all’Italia, all’Europa e al mondo. Ma il Cigno di Utrecht stavolta sbaglia, o meglio va a sbattere contro il solito Schmeichel. Da lì in poi segnano tutti. Prima Povlsen, poi Bergkamp, poi Elstrup, poi Rijkaard, poi…Vilfort! Kim batte dagli undici metri il portiere olandese Van Breukelen e poi volge il pensiero a Line e al suo calvario. Nel frattempo Witschge trasforma anche il suo penalty e così è Kim Christofte ad avere la responsabilità di mandare la Danimarca in una finale insperata alla vigilia: il mancino danese non sbaglia, batte Van Breukelen e spalanca alla sua squadra le porte della finale contro la Germania.
L’appuntamento con la storia per la Danimarca è fissato per il 26 giugno, ancora allo stadio Ullevi di Goteborg. Di fronte ci sono i tedeschi, alla prima manifestazione ufficiale dopo l’unificazione e freschi di titolo di campioni del mondo conquistato due anni prima nella notte di Roma. Al 18’ azione di rimessa dei danesi e palla che arriva al centro dell’area tedesca, dove Jensen si fa trovare pronto per la deviazione vincente. Inaspettatamente sotto di un gol, la Germania si butta in avanti alla ricerca del pari, ma Klinsmann e compagni vanno sistematicamente a sbattere contro quel gigante biondo che indossa la maglia numero uno. Schmeichel para tutto (e forse anche più di tutto!), finchè il cronometro non segna il minuto 33 del secondo tempo. L’ennesima sortita offensiva teutonica si infrange sul muro rosso, che riparte in contropiede. Lo orchestra Laudrup. No, non Michael stella del Barcellona “Dream Team” di Crujiff, ma suo fratello Brian. Porta palla e la serve ad un suo compagno, che a sua volta la controlla e la spedisce alle spalle di Bodo Illgner. Quel compagno di squadra che a 12 minuti più recupero dal termine della partita ha appena portato la Danimarca ad un soffio dal titolo europeo indossa la maglietta numero 18 altri non è se non Vilfort, che da bravo centrocampista sa anche rendersi utile quando c’è da attaccare. Quando l’arbitro svizzero Galler fischia la fine esplode la festa di una squadra salita presentatasi in extremis all’Europeo e che ha saputo sovvertire i pronostici della vigilia salendo sul tetto d’Europa. Una favola, insomma. Ma c’è una persona che quella gioia proprio non riesce a viverla fino in fondo. È proprio Vilfort, la cui mente corre a quel letto d’ospedale e alla piccola Line, impegnata in una partita terribile contro un avversario che non ha affatto le sembianze di un Sammer o di un Brehme.
Poche settimane più tardi terminerà anche quella partita, ma con un esito terribile. Nel frattempo, però, Line ha assistito alla favola di suo padre e della sua squadra, campioni al termine di un Europeo a cui non avrebbero dovuto nemmeno partecipare. Quel padre che, tra un tackle per togliere il pallone prima a Cantona, poi a Rijkaard e infine a Haessler, non le ha mai fatto mancare affetto e attenzione. E non lo ha fatto neanche dopo. E in cuor suo quell’angioletto avrà pensato che alle volte si avverano persino le favole…

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LA FINALE DEL 1992
Goteborg, stadio Ullevi – 26 giugno 1992
DANIMARCA-GERMANIA 2-0 (primo tempo 1-0)
MARCATORI: 18’pt Jensen, 33’st Vilfort (D)
DANIMARCA (5-3-2)
: Schmeichel; Sivebaek (21’st Christiansen), Olsen, Piechnik, K. Nielsen, Christofte; Jensen, Larsen, Vilfort; B. Laudrup, Povlsen. Allenatore: R. Nielsen
GERMANIA (5-3-2): Illgner; Buchwald, Kohler, Helmer, Reuter, Brehme; Sammer (11’st Doll), Haessler, Effenberg (35’st Thom); Klinsmann, Riedle. Allenatore: Vogts
ARBITRO: Galler (Svizzera)
AMMONITI: Piechnik (D), Effenberg, Haessler, Reuter, Doll, Klinsmann (G)

LA ROSA DELLA DANIMARCA
1 Peter Schmeichel – 2 John Sivebaek – 3 Kent Nielsen – 4 Lars Olsen – 5 Henrik Andersen – 6 Kim Christofte – 7 John Jensen – 8 Johnny Moelby – 9 Flemming Povlsen – 10 Lars Elstrup – 11 Brian Laudrup – 12 Torben Piechnik – 13 Henrik Larsen – 14 Torben Frank – 15 Bent Christensen Arensoe – 16 Mogens Krogh – 17 Claus Christiansen – 18 KIM VILFORT – 19 Peter Nielsen – 20 Morten Bruun
Commissario Tecnico: Richard Moeller Nielsen