Serbia's head coach Sinisa Mihajlovic looks on during the group A World Cup qualifying soccer match between Croatia and Serbia in Zagreb, Croatia, Friday, March 22, 2013. (AP Photo/Darko Bandic)

Poco più di una settimana fa, Mihajlovic veniva indicato come il primo responsabile della crisi del Milan. Contro di lui si schierava apertamente una buona parte dei media e della stampa, mentre il suo presidente, Silvio Berlusconi, non mancava di pungolarlo con la sua consueta dose di ironia e sarcasmo. Era proprio la continua diffidenza della proprietà di via Aldo Rossi a far pensare ad un’ipotetico cambio di panchina, indicato da alcuni nella coppia Lippi-Cannavaro, da altri nella soluzione interna rappresentata da Cristian Brocchi. Insomma, sembrava che Sassuolo e Chievo fossero l’ultima spiaggia di Sinisa, ma -per fortuna dell’allenatore serbo- non avremo mai la riprova di quest’ultima affermazione. Mihajlovic e il suo Milan, infatti, superano -non senza difficoltà- prima la squadra di Di Francesco e poi quella di Maran. Partite entrambe tiratissime, non solo per le palesi difficoltà dei rossoneri, ma soprattutto per i pregi messi in mostra dalle squadre sopraccitate. La vittoria con la Lazio , quindi, rivoluziona inaspettatamente le previsioni dei più critici e delinea scenari del tutto inediti: il Milan è a 5 punti dal primo posto in classifica, vede la Champions, ha un calendario favorevole e ora gioca addirittura bene. Ovvero come passare dalla gogna al processo di beatificazione in otto giorni. Per fortuna e purtroppo, il calcio è anche questo.

La domanda che ci si pone è come abbia fatto il tecnico dei rossoneri ad operare un cambiamento di rotta così rapido. Le spiegazioni potrebbero essere diverse. A cominciare da un modulo, il 4-3-3, che assicura maggiori equilibri alla squadra e consente di valorizzare al meglio i calciatori più bravi in rosa. Ma moduli e tattica sono sicuramente insufficienti nel determinare un miglioramento, nel brevissimo termine, di gioco e risultati. Di conseguenza, la spiegazione migliore è da cercare nella testa di chi scende in campo e di cosa, il leader di una squadra, sia in grado di trasmettere ai propri calciatori.

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L’allenatore rossonero, in tal senso, “ha mostrato i muscoli” sia alla società che ai suoi ragazzi. Dopo il deludente pareggio contro il Torino, ha fatto scendere sul terreno di gioco un sedicenne. Uno che va ancora a scuola. Ha dimostrato che nessuno in squadra è intoccabile e che si può perdere il posto, qualora non ci si impegni abbastanza, persino “per colpa” di un minorenne. Donnarumma è stata la grande vittoria di Mihajlovic. Alla stampa ha detto «decido io» e «chi gioca non si brucia». Alla proprietà ha fatto capire -neanche tanto velatamente- che non è per nulla intimorito da chi lo mette sotto pressione. Così, dopo un avvio difficile, il tecnico serbo ha dimostrato a tutti di avere “le physique du rôle” per svolgere al meglio il proprio lavoro, riconquistando punti e vittorie, fiducia e rispetto. In una parola, Mihajlovic si è ripreso il Milan.