Il mondo del calcio dice oggi addio a Johan Cruijff, uno dei più grandi calciatori di sempre, morto dopo una lunga malattia all’età di 68 anni. Cruijff è stato l’icona di un calcio generazionale, quello degli anni ’60 e ’70, rappresentato, all’apice, dalla sua classe cristallina e dall’Ajax più forte di sempre. Un calcio nuovo, dinamico, rivoluzionario, estensione ideale dell’energia positiva dei movimenti sessantottini, si opponeva agli schemi statici e preordinati del passato per liberare la fluidità dei gesti e la disinvoltura del gioco d’attacco. E di questo calcio, Cruijff ne era il principe.

Non è un ricordo che appartiene ai trentenni di oggi, che pure, grazie ai racconti di chi ha vissuto quegli anni o dopo aver visto alcuni filmati, possono conservarne memoria. I primi video delle partite a colori, i giocatori, dal fisico asciutto, portano capelli lunghi e basettoni. Le notti, tra mille flash, della Coppa di Campioni del 1971-1972-1973, anni in cui Cruijff, giovanissimo, conquista, per 3 volte consecutive, il titolo europeo con i lancieri di Amsterdam.

La finale Olanda-Germania dei Mondiali del 1974. Quei 90 secondi iniziali in cui gli olandesi del ‘calcio totale’ non fanno toccare palla ai tedeschi, e Cruijff, dopo una strepitosa azione personale, conquista il calcio di rigore del momentaneo 1-0. L’esultanza delle mogli degli orange sulle tribune, espressione di un’idea felice di sport e di vita, lontana dagli stereotipi del passato. E non importa che alla fine sia la Germania Ovest a trionfare.

Vince il calcio scanzonato, per una volta, i capelli ‘alla Beatles’, i calzettoni abbassati all’altezza delle caviglie e le regole più spregiudicate del gioco. Cruyff, in quegli anni che non abbiamo vissuto, è l’eroe del calcio della ‘Beat Generation’, della ribellione ai padri, della musica rock e beat, dei movimenti pacifisti e del desiderio di esprimere la propria libertà come autentica emancipazione.

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Si potrebbero raccontare tante altre storie riguardo alla figura carismatica, eccelsa di Johan Cruijff. I suoi trascorsi, di assoluti rilievo, nel Barcellona, come giocatore prima e come allenatore poi, la storica sostituzione con Marco Van Basten, a segnare un simbolico passaggio di consegne, i tre palloni d’oro vinti in carriera. Ma la più bella di tutte è, probabilmente, ricordare quale fosse il suo ruolo in quell’epoca splendente.

Addio Cruijff, addio Principe.