Immaginate, se non riuscite a ricordare, il Milan in Serie B con 8 titolari su 11 che due anni prima avevano vinto lo scudetto. Ricordate, se non riuscite a immaginare, un cammino iniziato bene e finito ancora meglio, andando in giro per l’Italia a riempire stadi (e campi sportivi) e a prendere, più o meno ovunque, i tre punti che sarebbero serviti a vincere il campionato e tornare presto in Serie A. Era il Milan di Giacomini allenatore, l’uomo delle promozioni dalla B alla A, che rimase su quella panchina fino alla penultima, lui che nel Milan vent’anni prima aveva anche giocato una partita da calciatore. Era il Milan che arrivò alla tredicesima giornata d’andata da prima in classifica, a pari punti con la Lazio. E andò a giocare a Taranto, allo stadio Erasmo Iacovone.

Lo stadio di Taranto si chiamava – in origine – “Stadio Salinella” ma venne intitolato al bomber che perse la vita in un incidente stradale qualche anno prima. Lo Iacovone così pieno non era una novità. Erano gli anni ’80 di un calcio che faceva da testimone a trasformazioni sociali ed economiche in atto nell’Italia post-boom economico. Taranto era una realtà industriale solida, viveva un periodo fiorente, e si era innamorata – da sempre – del gioco del calcio. Di quel modo, tutto meridionale, di intendere il pallone la domenica pomeriggio. Lo Iacovone strabordava d’entusiasmo, ma si tifava Taranto sui gradoni. Era un evento nell’evento del campionato di Serie B. Il Milan che arrivò a Taranto non aveva mai perso in Serie B, ma era rimaneggiato da alcune assenze pesanti. Era guidato da Tassotti, che però fu espulso nel finale.

Fu lo show del Taranto. Forse la partita più bella della storia del calcio ionico. Un 3-0 senza lasciare alibi. Bortolo Mutti si scoprì marcatore, andò a segno due volte. L’altro gol fu una perla di Nicola Cassano, capace di ridicolizzare Baresi con le proprie finte e realizzare un gol bellissimo. Fu il delirio allo Iacovone. Taranto, la “piccola” Taranto, aveva avuto una giornata di gloria battendo la squadra dei sogni del Milan. Quella con Tassotti e Baresi, che qualche anno prima aveva vinto lo scudetto e in quel campionato stava dominando in Serie B. La partita è la lacrima nostalgica di una piazza che oggi si sbatte tra i dilettanti e il sogno Lega Pro, che in quei tempi sarebbe stato un incubo. Poi è diventata la banderuola di sfottò per i tifosi di Juve e Inter. Accadde il 7 Dicembre di 35 anni fa. E forse è la nostalgia dell’amarcord di un calcio che non c’è più.

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