Come può un portiere italiano, promettente e ancora giovane, dover emigrare in Spagna per trovare una maglia da titolare? La storia di Alberto Patania è indicativa in tal senso. Calciatore classe 1994, cresciuto nel settore giovanile del Palermo e nel 2014-2015 in forza al Potenza. Era stato uno dei calciatori migliori dell’intero campionato di Serie D (girone H), tanto da attirare su di sé gli occhi di addetti ai lavori e appassionati. Un portiere reattivo, fisicamente integro, bravo tra i pali e nelle uscite. Uno di quei ragazzi pronti alla scalata al grande calcio. Ma non sarà in Italia probabilmente. Ma com’è possibile? Prova a spiegarcelo lo stesso portiere, che oggi difende la porta del Club Deportivo Varea, quarta serie spagnola: “”L’anno scorso ho fatto molto bene in Serie D, è vero. Ma non so cosa guardano le società, forse cercano calciatori che vengono “pagati” da squadre di categoria superiore. Oggi in Lega Pro i portieri di solito vengono a costare la metà o addirittura niente perché arrivano in prestito da società di A e B, che contribuiscono a pagare lo stipendio.

“Non mi aspettavo di rimanere senza squadra ma il calcio italiano oggi è questo”

E da lì Patania si è ritrovato senza squadra. “Ti assicuro che non me l’aspettavo ma l’Italia ormai è questa. Quando non sei più under è difficile trovare una collocazione. Per fortuna ho trovato questa strada, andando in Spagna. Poi c’è da dire che in Lega Pro ci sono tanti portieri che giocano da due stagioni in quella categoria e hanno giocato una manciata di partite. E allora mi chiedo cosa vadano a guardare gli osservatori. Non mi aspettavo di dover emigrare in un altro paese per continuare a giocare a calcio”. Ma Patania a Potenza aveva fatto bene, tanto da aver fatto il ritiro con il Matera (Lega Pro, Girone C): “Ho fatto lì il ritiro, aspettando il via libera per il trasferimento. Mi dissero che il mister voleva valutarmi di persona, ma poi ho fatto tutto il ritiro. A fine ritiro mi è stato detto che sarebbe arrivato un portiere dalla B e io avrei potuto fare il terzo. Volevo giocare, sono giovane e ho voglia di dimostrare quanto valgo, quindi ho rifiutato”.

Ma come è andata la trattativa per finire in Spagna? “Mi è arrivata la telefonata da parte di un intermediario del Logrones, la squadra che oggi detiene il mio cartellino. Avevano visto un video delle mie parate su internet e mi hanno proposto una prova: da lì è iniziato tutto. Sono stato dieci giorni da loro e ho trovato subito l’accordo. Poi ho anche esordito nel campionato spagnolo”. Alberto, però, prima di essere un calciatore è un ragazzo di 22 anni e l’impatto col calcio spagnolo è stato quello di un ragazzo costretto ad emigrare. “L’impatto di certo non è stato semplice, perché sei lontano da casa e in un calcio completamente diverso”.

“Qui ci sono strutture che in Italia potremmo solo sognare”

Il tempo di toccare con mano il calcio iberico e di farsene una propria idea. Il calciatore ci parla così delle differenze tra il calcio spagnolo e il nostro: “Qui ci sono strutture che in Italia potremmo solo sognare per ora. Siamo in Serie D e abbiamo strutture con otto campi da calcio, trentanove spogliatoi. Ogni società, anche in D, ha la propria struttura, cosa che da noi non esiste. Qui il calcio è più tecnico: in Italia c’è più agonismo, almeno nelle categorie minori. L’anno scorso ho giocato in ambienti sicuramente più caldi, avendo giocato nel girone più difficile. Da questo punto di vista l’Italia è migliore”.

“Ora voglio arrivare al massimo. In Spagna”

Cosa porta in Spagna Alberto Patania? “Porterò tutta la stagione fatta a Potenza. Una stagione bellissima”. Se poi gli si fa notare che la scuola di portieri italiana, da sempre eccellente, sta perdendo posti in Italia, dove sempre più portieri stranieri sono titolari: “All’estero ci invidiano i nostri portieri, ne sono sicuro. Il problema secondo me è più ampio: qui ci sono le varie squadre B, dove i ragazzi vengono mandati a fare esperienza. Questa secondo me sarebbe una bella soluzione, qui in Spagna funziona così e i ragazzi crescono. I ragazzi di Serie A e Serie B andrebbero a giocare lì e ci sarebbero più posti per tutti. Se ci fosse questo sistema in Italia io oggi non sarei qui”. Alberto non vuole dirlo, ma lui oggi sarebbe in Italia anche se il nostro calcio riscoprisse la voglia di puntare sui propri talenti, che ce ne sarebbe bisogno. “Il mio sogno? Sognavo di farmi valere in Italia, ora spero di riuscirci qui. Voglio arrivare al massimo. E sarebbe un bello schiaffo a chi non ha creduto nelle potenzialità di un ragazzo che avrebbe meritato ben altre occasioni anche in Italia. Soprattutto, in Italia.

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