Storie come queste meritano di essere raccontate. Storie dell’altro calcio, storie di provincia, storie finite nel dimenticatoio o peggio storie mai venute alla luce. Giuseppe Meloni, per chi non lo conoscesse, è l’Ibrahimovic della Serie D. Lui ci scherza: “Ormai mi prendono come jolly, per scaramanzia”, ma vincere tre campionati di fila (sempre con il miglior attacco) non può essere un caso. Di maglie, l’attaccante sardo classe ’85, ne ha indossate tante: 13. Ora milita nell’Unicusano Fondi, attualmente 6° nel girone H. Nel Lazio Meloni si trova bene, “un posto davvero tranquillo, una società ben strutturata”, chiama i propri tifosi allo stadio perché ama le piazze calorose e promette: “Nonostante il girone di ferro, ci proveremo fino alla fine!“. Con 13 gol nelle prime 8 partite il suo record stagionale di 27 reti è alla portata (è inoltre ad un passo dai 100 gol ufficiali in categoria), ma lui pensa alla squadra, a vincere il quarto campionato consecutivo, “per un qualcosa che rimanga davvero nel tempo e nel cuore della gente”.

Ma Giuseppe Meloni ha calcato anche palcoscenici più prestigiosi. Nel 2009, a seguito di una splendida annata in D con l’Arzachena, terminata purtroppo con una finale playoff persa, venne prelevato dalla Spal. La grande occasione, nell’ex C1 il centravanti nuorese parte forte spinto dall’entusiasmo e dalla fiducia di mister Dolcetti, ma in un dannato mercoledì di ottobre si rompe il ginocchio, infortunio che gli farà perdere del tempo prezioso, troppo. Al rientro infatti a Ferrara si sono già adattati, hanno dovuto ricorrere ad alternative, viene dunque mandato in prestito in Seconda Divisione. L’esperienza a Salò è semplicemente indimenticabile, “entrare in finale playoff e siglare al 93′ il gol che vale la promozione è un qualcosa che porterò sempre con me!“. Arriva il 2012, tempo di tornare a casa, nella Sardegna che lo ha fatto nascere, lo ha fatto crescere, lo ha lanciato e lo rilancerà. Alla Torres vince il suo primo campionato di D affermandosi bomber di razza con le 22 reti che gli valgono il titolo di capocannoniere. L’anno seguente si conferma al Savoia (Torre Annunziata) e la scorsa stagione all’Akragas (Agrigento), annate contrassegnate da cavalcate inarrestabili, vittorie schiaccianti, ricordi magnifici, e da qualche delusione. Sì perché la Lega Pro Meloni l’ha conquistata sul campo a suon di gol memorabili ma non l’ha più giocata, colpa di scelte societarie ambigue, irrispettose e a volte incomprensibili, ma spesso salvifiche visto che gli hanno permesso di evitare fallimenti e scandali calcistici, quelli a cui siamo abituati da diversi anni. È inutile attribuire colpe e scovare colpevoli, le cose non cambiano, bisogna guardare in faccia alla realtà, “è un calcio povero, con poche entrate, chi prende una società lo fa quasi per hobby, i ragazzi spesso sono scoperti dal punto di vista contrattuale, occorrerebbe più serietà, più organizzazione, più visibilità”.

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Un po’ di sfortuna dunque, diciamo che non ha mai avuto la giusta occasione, aggiungiamoci poi qualche errore commesso ed un rimpianto, anzi un rifiuto. “Nel 2009 avevo già dato la mia parola alla Spal così rifiutai un contratto di tre anni offertomi dal Cagliari. Feci le mie valutazioni, pensai che probabilmente dopo il ritiro sarei stato mandato in prestito, che a Ferrara avrebbero potuto e voluto valorizzarmi meglio. Se potessi tornare indietro però non farei la stessa scelta, avere un contratto da Serie A purtroppo ha tutto un altro valore, un’altra efficacia”. Alla D ormai Giuseppe ci ha fatto l’abitudine, è il suo regno, ormai è un’istituzione, una costante minaccia per i difensori avversari, è lui stesso ad elencarci le sue principali caratteristiche: “Mi piace andare in profondità, sono piuttosto veloce, sono bravo nel prendere posizione e prendere il tempo ai difensori, in area so far male sia di testa che di piede”. E dire che ha iniziato a giocare a calcio quasi per caso: “Da piccolo facevo un po’ di tutto, a calcio si giocava per strada. Ho iniziato tardi, ho saltato tutte le trafile, un giorno lessi su un giornale di una società poco distante casa che promuoveva iscrizioni gratis. Mi sono detto: perché non provare? E da lì ho iniziato…”. A chi lo paragona a Pinilla per i lineamenti del volto, per il taglio di capelli, per la grinta e le movenze, Giuseppe risponde così: “Non seguo molto la A, il calcio mi piace giocarlo più che guardarlo. E poi la domenica si gioca, preferisco guardare la Champions o le gare della Nazionale. Pinilla non so nemmeno come si muove, so solo che segna di rovesciata. Io sono un giocatore istintivo, la partita ti dice cosa devi fare. Non ho grandi caratteristiche tecniche ma so fare gol, raramente faccio gol da fuori ma dentro l’area se mi lasciano uno spiraglio è mio”.

In queste categorie davvero lo conoscono tutti, si è fatto conoscere per quello che è, “mi piace cambiare, scoprire mentalità diverse, spesso però mi innamoro del posto e in alcune parti ho davvero lasciato il cuore. Tornerei subito al Savoia, a Torre hanno davvero un amore allucinante per la loro squadra, ti trattano davvero da calciatore. In D non ci si può sentire proprio un calciatore, è vero ci alleniamo tutti i giorni, è il nostro lavoro, ma non è il calcio che si vede in Serie A. Eppure in Campania era come se lo fossi, c’era il bambino che ti chiedeva la foto, il padre che ti metteva in braccia i propri figli, andavi in giro e volevano offrirti il caffè per forza… Ti fanno sentire e ti senti davvero importante”. Ma Meloni tornerebbe di corsa anche a Ferrara: “In Emilia si vive bene, i tifosi mi apprezzarono molto come persona e come calciatore”, oltre che ovviamente in Sardegna, nella sua culla, naturalmente alla Torres, “per stare vicino alla mia famiglia e alla mia ragazza”. Gli piacerebbe ritrovare inoltre un giorno uno dei suoi mentori, il mister Feola e i suoi collaboratori Suppa e Fucci, “con loro ho un rapporto speciale che va al di là del terreno di gioco”, e molti dei suoi ex compagni di squadra. Ma Giuseppe vive nel presente, gioca nell’Unicusano Fondi e darà tutto per questa maglia, ci metterà il cuore, la giusta ambizione, l’umiltà e la professionalità che lo hanno sempre contraddistinto. Non ama la scaramanzia, “non ho un numero di maglia particolare, possono darmi anche il 2, ora ho l’11, gli anni scorsi ho avuto il 9, li ho avuti un po’ tutti. Se potessi scegliermelo un giorno, prenderei il 55, l’anno di nascita dei miei genitori. A loro devo tanto, mi hanno sempre supportato”. Un ragazzo semplice, maturo, dai sani principi, quelli che ritrova nelle sue canzoni preferite, quelle dei cantautori, di De Andrè, di Guccini, di Gaber, “li ascoltavo da piccolo in macchina dei miei genitori e li ascolto tuttora, i loro testi erano semplicemente avanti anni luce”. Per il futuro, un sogno nel cassetto: diventare allenatore. “È un qualcosa che mi affascina, ma dovrò pensarci bene, la famiglia chiama ed è giusto così. La mia ragazza lavora nel settore della ristorazione e ci organizzeremo per aprire un’attività insieme”.

Grazie infinite ancora per la disponibilità, ed un grosso in bocca al lupo per tutto Giuseppe!

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