Non male come la Lega Pro, ma nemmeno in una botte di ferro come la Serie A. Questo lo scenario che da sempre si palesa sul campionato cadetto, in particolar modo a partire dalla scissione – concretizzatasi nell’estate del 2010 – con la massima serie. Un evento che oltre a privare la Serie B di un top sponsor come la Tim ha ridotto ulteriormente le fonti di ricavo per i 22 club che la compongono. Una pesante eredità raccolta dal suo presidente – Andrea Abodi – e che sta faticosamente cercando di emergere ed imporsi sul mercato con diverse strategie.

Piani che puntano ad un rifacimento a livello d’immagine, come dimostrano le sponsorizzazioni con la NGM (attuale sponsor dell’Empoli, è stato presente sulle maglie delle 22 squadre cadette per ben due anni), la Dacia (noto marchio automobilistico, sponsorizza in A l’Udinese) e la fresca novità della Compass, istituto bancario che ha presenziato alla fase finale dei playoff ed in passato anche sponsor della Nazionale Italiana di Calcio. Senza contare, inoltre, importanti sponsor tecnici come la Nike e quindi la Puma (per i palloni) o importanti agenzie di scommesse come Bwin (sponsor in passato di Monaco, Milan e Real Madrid) ed Eurobet (una delle più grandi agenzie di scommessa italiane, già sponsor del Genoa). Ma non c’è solo marketing: la B, infatti, può infatti contare su una propria web Tv, un web Magazine e sui rami B solidale (volta alla promozione di campagne di solidarietà verso i meno abbienti), B Futura (promozione dei nuovi talenti) e B Italia (Nazionale di riferimento dello stesso campionato, il cui scopo è quelli di raccogliere i migliori prospetti).

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Una struttura molto organizzata, anche se le difficoltà non mancano. La B, infatti, scarseggia dal punto di vista degli introiti, e sistematicamente sono i costi a superare di gran lunga i ricavi. Non di rado, infatti, capita di vedere società in perenne difficoltà economiche o addirittura costrette a dichiarare fallimento pilotato, specie in assenza di una proprietà poco solida. Un dato di fatto che contrasta col ‘paracadute’ su cui le neo retrocesse possono contare: un tesoretto che può variare dai 5 ai 15 milioni – perché molto dipende dal tempo in cui si è rimasti in A – e che, oltre a coprire i costi principali, non di rado da una mano anche sul mercato. Trenta milioni complessivi da dividere tra le tre stesse retrocesse. Una fonte grazie al quale squadre come Cagliari e soprattutto Cesena sono riuscite a reperire quelle risorse necessarie per fare un mercato d’avanguardia. Un toccasana soprattutto per la società romagnola, a rischio fino a qualche tempo fa per alcuni investimenti fuori portata sotto la gestione Campedelli nel penultimo anno in A (stagione 2011/12, l’anno degli arrivi di Mutu e Iaquinta, per intenderci), meno per il Cagliari che può contare sia su una proprietà solida che sulle plusvalente provenienti dalle cessioni di Nainggolan ed Ekdal. In attesa di capire il destino di Cossu, che però sembra destinato a rimanere in Sardegna. Introiti e disponibilità superiori, insomma, alla sola partenza di Defrel al Palermo.

Inutile dire che, se per la A i diritti Tv sono la voce principale, in B sono l’unica linfa vitale oltre ai tradizionali introiti provenienti da biglietti ed abbonamenti. Ma l’accordo raggiunto con Sky per il triennio 2015-2018, prestigioso vista la visibilità che andrà a garantire, porterà nelle casse della Lega ben 14 milioni di euro. Un vero e proprio salto di qualità, specie considerando il fatto che i club di B sino a qualche mese fa percepivano soltanto 7 milioni (5 Sky, 2 Mediaset Premium), e che ora punteranno su un unico broadcaster. Tali ricavi, da dividere naturalmente tra tutte le 22 formazioni cadette, permetteranno a Sky di offrire un servizio più approfondito sulla Serie B, con telecamere negli spogliatoi ed approfondimenti prima, durante, e dopo le partite. Sulla falsa riga della Serie A insomma, e notevole è il tour di presentazione promosso dalla stessa azienda di Murdoch in giro per le piazze italiane (Bari, Catania, Cagliari ed Avellino, rientrano tra quelle già visitate). L’unico possibile lato negativo, infine, riguarda la questione relativa agli squilibri esistenti tra le stesse realtà di B: nessuna proporzione rispetto a blasone, bacino d’utenza e numero di biglietti ed abbonamenti, ma anche le piazze più piccole come ad esempio Teramo, Vercelli, Trapani o Crotone potranno godere delle stesse risorse di grandi piazze come Bari o Cagliari. Ma la strada per una B più affascinante pare essere stata ugualmente tracciata.

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