Antonio Conte - Allenatore della Nazionale Italiana di Calcio

L’avevamo lasciato, dopo la partita con la Bulgaria, a quel «…C’è ancora da sudare», lo ritroviamo dopo circa un mese con «Adesso che ci siamo qualificati può sembrare un traguardo semplice, ma non è così. La mia squadra sta crescendo ma dobbiamo continuare a lavorare». Nel mezzo, un’estate in cui torna l’incubo calcioscommesse, il continuo rimando a presunti campioni da convocare e le voci che lo vorrebbero lontano da Coverciano, perché -così dicono- la Nazionale gli sta stretta. Antonio Conte però, mentre gli altri parlano, lavora. Non gli sta per nulla stretta la “sua” Nazionale e si esprime con la genuinità di sempre, quel misto di saggezza popolare e furbizia tutta meridionale, che lo rende agli occhi di taluni “antipatico”. Le sue risposte sono spesso delle freddure, amare da assaporare per chi insinua il dubbio sul suo operato, per chi vorrebbe speculare sulle sue affermazioni, per chi aspetta un suo cedimento, una caduta di stile. E Conte, che di stile non ne ha mai avuto tanto -neanche da calciatore-, risponde sempre con i fatti, con la realtà, con i risultati.

I meriti dell’attuale commissario tecnico sono quelli di aver rifondato un gruppo, aver cambiato la mentalità di molti, essere usciti dalla dialettica della “Nazionale fondata su…” o “un campione rispetto al quale non si può prescindere è…”. Abbiamo smesso di riferirci a Balotelli, al “blocco Juve” e persino ai cosiddetti senatori, stiamo iniziando a considerare sempre più la squadra. Stiamo abbandonando lentamente l’idea della vittoria fondata sull’individualità, sulla giocata del fuoriclasse, sul suo stato di forma o persino sul suo umore; riconsideriamo il gruppo e chi lo guida, il gioco espresso, l’affiatamento dei singoli, la loro collaborazione in campo, il morale della “truppa”.

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È questa la “rivoluzione” di Conte, l’aveva detto fin dal primo giorno. Guardando stranito i giornalisti, si chiedeva se fosse possibile parlare ancora dei singoli e non del calcio, della squadra, di quale futuro vogliamo dare alla nostra Nazionale. Poi, è passato ai fatti. Oggi parliamo di una qualificazione ottenuta cercando di imporre sempre il nostro gioco, osserviamo la crescita di tutta la rosa e, al suo interno, di calciatori come Darmian, Verratti, Eder, Pellé, Parolo e altri ancora, di una squadra fondata sul collettivo e non sui singoli. Non l’ha scoperto Conte, ma il ct ha il gran merito di avercelo ricordato: le vittorie si ottengono con la squadra, con il collettivo, con il gruppo. La Germania negli ultimi Mondiali, il ciclo di vittorie della Spagna, l’Italia campione del Mondo a Berlino nel 2006. Trionfi in cui i singoli si sono esaltati nell’insieme e non viceversa. Conte raggiunge l’obiettivo della qualificazione agli Europei di Francia 2016 con la “sua” squadra, ma il merito maggiore del commissario tecnico è averci restituito una Nazionale di tutti.