Stasera i bimbi sono a letto prima di me. Il tempo per riposare incomincia ad accorciarsi terribilmente ed ora che il nostro terzo giorno di viaggio sta per volgere al termine, qualcosa di sconosciuto chiamato stanchezza incomincia a prendere vita e diventa ufficialmente l’ottavo componente del viaggio. Eppure Andrea è alla guida, DinamOronzo è vicino a lui e continua ad alimentarsi a raggi invisibili, io e Alessio facciamo finta di fare cose al computer ed il resto prova a riposare.

Un evidentissimo ritardo sulla tabella di marcia ci ha fatto varcare le porte di Milano solo alle 10.30 di stamane, direzione Piazza Aspromonte fin da subito. A prima vista il parco sembra carino, ci sta la zona per i cagnolini e svariati ragazzi che si stanno già facendo le canne. Il tempo di un caffè e siamo in viaggio, nuovamente sparpagliati per le vie della città che ci ingoiano interamente e siamo alla Cattolica, ai Navigli ed al negozio di Noyz Narcos contemporaneamente. A me è toccato il giro in bici con l’amico Michele Galluzzo che, manco fosse Chris Froome, m’ha fatto spaccare in due tutto il centro urbano, coi miei polpacci che chiedevano pietà e con cinque mandarini in tasca.

Il pranzo è stato il pezzo forte di oggi: pasta al sugo e polpette, melanzane ripiene e vino in piena Piazza Aspromonte. C’era tipo una classe di bimbetti d’asilo che ci guardava davvero male e noi abbiamo immaginato che la maestra ci abbia inserito tra le cose da non fare nella propria vita per essere dei bellissimi e incravattati manager. Quest’aria un po’ non ci appartiene: noi siamo tipi da martedì sera alla 167, le parole “apericena” e “facciamo serata” le decrittiamo come le conversazioni dei kebbabari (in questo momento altra pausa scenica perché forse Oronzo ci ha fatto sbagliare strada e stiamo tornando a Milano). Però, vedete, c’è un amico, Fabio Caldart, che è di queste parti. Ecco lui è arrivato in camicia, cappotto e sciarpa ma lui non è un autoctono, in lui c’è qualcosa di nostro e non è un caso che i vestiti finiscano nel nostro camper, sostituiti da pantaloncini e maglietta.

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In realtà Milano ci ha accolto un po’ freddamente. Ora, io immagino che chi non sta qui e magari è a casa, vedendo le foto della giornata e leggendo di soli due gironi da tre, abbia tranquillamente potuto pensare “cazzo, che fallimento!”. Ecco, io in questi casi sono tipo fregancazzi. Cioè abbiamo investito una vecchietta con una pallonata, abbiamo seguito una agguerritissima partita di bocce, regalato le nostre maglie a due bimbetti (ed uno di questi era milanese ma tifava Napoli), abbiamo disegnato dei campi alla come cazzo ci pare ed in tutto questo tante persone si sono fermate a guardare, a contemplare o a restituirci un pallone. O a trafficare con gli zainetti, ma questa è un’altra storia.

Purtroppo mi tocca essere imparziale e cinico e quindi posso solo dire che oggi sono i Barbera FC a laurearsi campioni con Andrea Chirico, Angelo Gramegna e Michele Galluzzo, al termine di un torneo estremamente combattuto, con una finale terminata ai rigori. Eroico, semplicemente eroico Angelo Gramegna che in campo sembrava Julian Ross di Holly & Benji con la malattia cardiaca. Angelo semplicemente si è sfasciato in mille pezzetti mentre giocava ma in finale è rimasto fino all’uno contro uno e poi ha anche segnato il rigore decisivo. Certe cose non si possono spiegare, devi venire a vederle e i milanesi che non sono venuti (e che non hanno letto la nostra capatina su Marte.com) sicuro si sono persi uno storico Gramegna.

Sono troppo prolisso stasera, me ne rendo conto. Però non sono stanco o forse non ho solo voglia di dormire. Un giorno riceverò in dono il “Sonno eterno” e lì avoglia a riposare. Dopo il torneo siamo rimasti in zona un’altra ora, poi tutti a far la doccia al civico 3, citofono Gramegna – Galluzzo – D’Ellena. Ennesimi saluti e giro in centro con il nostro Daniele Pichero. Milano è una città di persone sole. Questo è il momento di un viaggio in cui i membri dell’equipaggio iniziano a schiudersi lentamente, come petali di un fiore riottoso che in realtà non aspetta altro ma deve temporeggiare proprio per il semplice fatto di essere un fiore, miracolo di immensa bellezza. Milano è di quelle persone sole che la sera si muovono con fare circospetto, bevono qualcosa ed ingannano il tempo. Noi siamo otto e anche in centro abbiamo gente da salutare, da ringraziare, sentirsi soli adesso sarebbe veramente un’offesa.

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Un discorso da “camper” vedeva protagonista la nostra generazione, ossessionata dal lavoro e dalla speranza di avere uno stipendio, una vita serena, dei telefoni ultrapiatti che ci ricordino davvero chi siamo. Alla fine bisogna ammetterlo, rincorriamo tutti il sogno dell’ennesimo like e di chissà quale altra stronzata che ora, in viaggio verso Torino, non potrebbe fregarcene di meno. Che flusso di coscienza. Davanti alla maestosità del Duomo di Milano, un coglione stava guardando sul suo telefonino le foto di macchine modello Fast & Furious. Noi, abituati alla Torre dell’Orologio, eravamo semplicemente esterrefatti.

Grazie Milano ma per oggi può bastare.

A cura di Massimiliano Chirico