Foto US Lecce

Oggi pomeriggio c’è Lecce-Martina Franca. Un derby, o qualcosa di molto simile a esso. Anche se il derby, quello vero, si gioca contro il Bari e manca da qualche anno. Sono un tifoso del Lecce. Sono stato anche abbonato al Via del Mare. Erano gli anni della Serie A, di Chevanton, di Jeda che segna a Bari, di Peppino Vives a metà campo. Erano gli anni in cui Ibra segnava un gol quasi da metà campo, ma rispondeva Olivera. Erano gli anni in cui Inter e Juventus venivano a perdere in casa nostra. Erano anni belli, che porto nel cuore. Poi è arrivata la doppia retrocessione in un colpo solo. Ma non ho abbandonato lo stadio. Mai.

Non ho più l’abbonamento perché ci sono motivi lavorativi che mi impediscono di farlo, essendo gli orari della Lega Pro strutturati in maniera diversi da quelli della Serie A. Ma quest’anno, ad esempio, le ho viste tutte le partite della mia squadra del cuore. Sono residente in un’altra provincia pugliese, a circa 100 km da Lecce. La strada scorre sia il sabato che la domenica, passa tra le chiacchiere con qualche amico che è nella mia stessa condizione e qualche partita da ascoltare in radio. Questa volta non passerà, non passerà la strada e non passerà la delusione di non poter andare oggi a vedere la partita. Sono residente in provincia di Taranto, e oggi non posso acquistare il biglietto. Non posso perché sono residente qui. E a nessuno importa se a Lecce ho visto oltre 200 partite allo stadio, a nessuno importa se quella maglia ce l’ho nel cuore. Non importa, non oggi. Oggi non posso andare allo stadio. E non riesco a capire il perché. E oggi sento che il mio Lecce vincerà, ma io ho perso già prima di giocare. Il calcio ha perso quando mi è stato vietato di andare allo stadio, così come è stato vietato a chi tifa Martina Franca. Eppure io, lo giuro, volevo solo vedere il mio Lecce.

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N.B. Il racconto scritto in prima persona è la storia di un tifoso del Lecce che è arrivata all’autore dell’articolo. NON è il protagonista della vicenda l’autore dell’articolo.