Sarà vittima di un processo sommario, Massimiliano Allegri. Il giorno dopo la debacle della Juventus a Napoli l’impressione è questa: il popolo bianconero scarica quell’allenatore che non aveva osannato nemmeno nel viaggio verso Berlino. Non è la prosecuzione di un rapporto d’amore mai sbocciato in realtà, sempre alimentato da un filo da malcelata sfiducia, è il regresso di un qualcosa che sarebbe potuto essere ma, almeno per ora, non è. Dal Luglio 2014 a oggi è successo di tutto: una supercoppa vinta, uno scudetto, una finale di Champions persa nel finale e una rivoluzione che ha cambiato il corso delle cose. Oggi conta tutto di meno, come accade sempre in questi momenti. E allora si sovrappongono immagini e idee: il secondo anno disastroso del Milan di Allegri, la rivoluzione sul mercato e qualche nuovo acquisto che stecca. La prova di Napoli lascia strascichi che vanno oltre il risultato e le difficoltà di classifica: per la prima volta la Juve perde meritatamente. Aveva perso con l’Udinese dopo aver dominato, e aveva perso a Roma sfiorando addirittura il pari nel finale giocando con l’uomo in meno. Questa sconfitta non è un campanello d’allarme, ma una sirena da bombardamenti.

Rimane però da scrivere il memorandum difensivo di Max Allegri. Non è una sterile guerra di posizione, ma un recuperare le regole scontate di un qualunque processo, seppur mediatico. Tornare etimologicamente al significato di “memorandum”, che può essere tradotto come “da ricordare”. Il primo punto è quella serie di cambiamenti apportati da una sessione di mercato che era partita bene ma che si è rovinata negli ultimi giorni d’Agosto, con il caso Draxler e l’arrivo in fretta e furia di Hernanes. Amalgamare un gruppo nuovo non è facile, e non è facile nemmeno dover sostituire Pirlo, Tevez e Vidal. Lo ha voluto Allegri, probabilmente. E voci di corridoio sembrano piuttosto convinte del fatto che non si sia strappato i capelli alla loro partenza, ma c’è comunque da ricostruire un sistema di gioco orfano di tre elementi imprescindibili e uno spogliatoio che ha perso tre leader.

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Il secondo punto nel memoriale difensivo riguarda assenze e infortuni. Sfortuna o non solo? Allegri in conferenza ironizza, vuole mostrare le spalle larghe. Probabilmente qualcosa di sbagliato c’è stato in fase di preparazione pre-campionato ma non è tutto. E se è vero che non può piovere per sempre, bisognerebbe trovare il modo di non bagnarsi in maniera così copiosa. Il centrocampo è il punto debole nell’impianto tattico: la dinamicità di Vidal e le geometrie di Pirlo non hanno avuto nessun erede degno. Hernanes è una pedina fondamentale nello schieramento bianconero: è l’unico in grado – per caratteristiche – di far girare il gioco e trasformare palloni sporchi in puliti. Lui non gira, e la Juve a Napoli va in difficoltà. Non gira nemmeno la Juve. Ma in una situazione già di per sé precarie qual è il reale impatto delle assenze di Khedira e Marchisio? L’interrogativo nasconde le prospettive future della Juventus.

Allegri dal canto suo cambia tanti sistemi di gioco, ma l’impressione è che non ci sia la volontà di non dare certezze quanto quella di trovare il modo di sbrigliare la matassa. Poca convinzione, probabilmente, e tante idee. E confuse. La Juventus 2.0 di Allegri non poteva essere la copia sfocata di quella dello scorso campionato, doveva esserne l’evoluzione. Per provare a capire qualcosa in più di questa squadra servono esperimenti, scelte difficili. Serve mettere alla prova tutte quelle idee, che per il momento non fanno altro che ingarbugliare il tutto, per capire quale sia la strada da percorrere. Sempre che ce ne sia una.