Antonio Cassano, in arte Fantantonio, Peter Pan o ancora “el pibe de Bari“, e tutti gli altri nomignoli che gli sono stati attribuiti durante la sua carriera da parte di giornalisti, tifosi, appassionati, compagni di squadra, dirigenti e belle donne che il calciatore barese ha, per sua stessa onestissima ammissione, frequentato con costanza negli anni di massima notorietà. Oggi gliene attribuiamo uno nuovo, Cassano “il giullare“, e vogliamo farlo secondo un cliché di tutto rispetto: da “GazzaGascoigne e le sue follie ai tempi della Lazio, ad Eric Cantona, autentico istrione in campo e fuori, fino ad arrivare ai “pittoreschi” Roger Milla e René Higuita (solo per citarne un paio particolarmente vividi nella memoria degli appassionati non più giovanissimi).

Le “Cassanate” sono passate negli anni dalle corna all’arbitro Rosetti, all’imitazione, tutt’altro che infelice, di Fabio Capello, dai labiali inconfondibili quanto ad indicazione geografica protetta, all’ormai storico litigio con il presidente Garrone. Il buon Antonio ne ha combinate e gli è stato perdonato tanto. Da quando con la maglia del Bari si è mostrato al mondo del grande calcio, grazie ad una magia di straordinaria bellezza in una storica partita con l’Inter, si iniziò a capire che si era davanti ad un ragazzo fuori dal comune. Si intuiva che Cassano non era un calciatore normale ma un genio, perché uno che a 17 anni fa un gol così è semplicemente un genio.

Un genio per sua stessa definizione sfugge al concetto di normalità, di costanza, di sapere o fare attraverso una conoscenza formata dall’applicazione e dal lavoro, al contrario egli arriva dove tanti prima di lui con abnegazione, impegno e volontà, in una vita, non riescono ad arrivare: questa è probabilmente una delle verità più insopportabili che ci possano essere, ma che senza dubbio sono davvero difficili da negare. E così, Cassano il genio, il giullare, per anni ha dovuto assistere allo spettacolo delle persone normali che gli imputavano incostanza, pessima disposizione verso il prossimo e scarso impegno: affermazioni tutte vere e al contempo banali se riferite al talento, perché anche senza allenarsi era migliore di quasi tutti i calciatori esistenti sul globo e i suoi comportamenti era fedeli a quelli, appunto, di uno spensierato giullare.

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I campioni del terzo millennio sono costruiti quasi tutti come automi: fisico e velocità straordinari, numeri e gol in quantità mostruose, dei professionisti serissimi e degli uomini arrivati nonostante abbiano vent’anni o poco più. Le loro gesta vengono esaltate, perché oltre all’atleta si guarda al professionismo, al lavoro, e sulla base delle loro prestazioni girano sponsor, milioni e vittorie “fondamentali”. Non vogliamo dissacrare tutto questo, dato che questo è in larga misura il mondo del calcio attuale, ma vorremmo anche qualche “eroe” squinternato, qualcuno che non sia così serio. Uno col fisico normale, un’incostante, uno con i piedi d’oro e l’accento sbagliato, uno come Cassano, assolutamente sgrammaticato in conferenza stampa ma al tempo stesso lucidissimo nel prendere per il naso tutto il fanatismo che gira intorno ad un pallone.

Cassano, il giullare, è maledettamente necessario al nostro calcio e a tutto il football in generale, esattamente come prima di lui Gascoigne, Cantona, Roger Milla e René Higuita: tra genio e follia, per ridere di chi fa troppo il serio, con la certezza che il calcio non è solo un gioco, ma, in definitiva, è anche quello.