Momento di pausa per il campionato italiano di Serie A, che gode della sosta per le qualificazioni ad Euro 2016 per permettere alle proprie squadre di riorganizzarsi e di correggere quello che in queste prime giornate non è andato. Sono già sette le giornate giocate nel massimo campionato italiano, che quest’anno si è mostrato – fino ad ora – più imprevedibile che mai e pieno di sorprese. Ma gli stadi non sono tornati ad essere pieni come converrebbe ad un torneo di questo livello, o perlomeno dall’alto tasso di spettacolo. La media degli spettatori per partita per questi primi 70 incontri è di 22.065 spettatori, con il picco toccato in occasione del derby di Milano, al quale erano presenti quasi 80.000 persone.
Una media che se confrontata con quelle degli anni passati è un piatto che piange. Sicuramente rispetto a 20 anni fa è cambiato un po’ tutto: le dirette televisive prima, e lo streaming poi, hanno radicalmente cambiato l’esperienza calcistica degli italiani. Ma non è tutto. Anche il divieto, sempre più frequente, di trasferta, unito alle restrizioni vigenti, ha portato il tifoso medio ad allontanarsi dallo stadio per accomodarsi sul divano davanti alla tv o al pc. Rispetto a 15 anni fa la media spettatori è diminuita radicalmente: nella stagione 2000-2001 ad esempio si contavano 29.000 spettatori di media. Una diminuzione del 24 % dei tifosi che quindici anni fa andavano allo stadio. E oggi non ci vanno più. Ma in molti – troppi anche – hanno smesso di chiedersi di chi sia la colpa.