I Diritti TV continuano a rappresentare di gran lunga la principale fonte di sostentamento della nostra Serie A. Quest’anno inoltre è entrato in vigore un nuovo ciclo che porterà nel prossimo triennio circa 150 milioni in più rispetto alla scorsa stagione, per un totale di 1 miliardo e 169 milioni di euro lordi. Da questo budget, costituito dagli 841 mln garantiti dalle pay-tv italiane Mediaset e Sky, 120 dalla vendita dei diritti all’estero, 25 dalla Rai per Coppa Italia e Supercoppa, 20 dai diritti per la trasmissione in chiaro, vanno sottratti la commissione da pagare ad Infront, advisor della Lega per la commercializzazione dei diritti televisivi (50,4, ben 22 in più rispetto allo scorso anno), un 10% destinato ai settori giovanili ed alla Lega Dilettanti, uno 0,05% a titolo di finanziamento per l’Autorità Garante per le Telecomunicazioni, e 60 mln come contributo paracadute per le retrocesse (20 a testa, raddoppiato rispetto alla stagione 2014/2015), per un totale di 924,3 mln netti.
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Il meccanismo di spartizione
Secondo la Legge Melandri il 40% del tesoretto va equamente diviso tra tutte e 20 le squadre di A, il che significa 18,5 mln a testa. Un 30% invece viene ripartito in base al bacino di utenza (un 25% calcolando, tramite indagini triennali sul tifo, il numero dei tifosi totali ed un 5% in base al numero di abitanti del comune in cui ha sede la squadra, tra l’altro in caso di due società per città, i dati Istat valgono per entrambe), mentre il restante 30% verrà assegnato secondo i risultati sportivi: 15% in base ai risultati dei 5 anni precedenti, 10% a quelli dal 1946 ad oggi ed un 5% per la stagione in corso. In parole povere, l’incremento dei ricavi riguarderà tutte e 20 le società ma non sarà equamente distribuito, le piccole pagheranno il raddoppiamento del paracadute con il mantenimento dello status quo, con la riconferma di questi criteri astrusi e contraddittori che inevitabilmente finiscono per favorire le grandi squadre (alle quali andranno più del 50& degli introiti totali). La Juventus, forte della popolazione di Torino, dei risultati conseguiti, del fatto di essere la squadra più sostenuta d’Italia, arriverà a guadagnare circa 103 milioni, quasi 10 in più rispetto ad un anno fa. Seguiranno nella graduatoria Milan (80), Inter (78), Roma (72), Napoli (69), Lazio (55), Fiorentina (51).

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Confronto con la Premier
In Inghilterra invece l’assegnazione dei diritti televisivi segue criteri trasparenti e democratici. La Premier innanzitutto, al termine di ogni stagione, pubblica ufficialmente la distribuzione degli introiti, cosa che la nostra Lega Calcio non è tenuta a fare, in quanto non esplicitata da alcuna legge. Partendo dalla considerazione che il budget totale del massimo campionato inglese ammonta a più di 2 miliardi di euro, destinati a salire a 3 nel prossimo triennio, il criterio, in base al quale il 50% del totale debba essere ripartito equamente, garantisce 74,5 milioni di euro di ricavi all’anno per ogni club. La restante metà inoltre non segue criteri arbitrari come quelli nostrani, un 25% viene assegnato in base al numero di volte in cui un match viene trasmesso in diretta (un minimo di 12 milioni di euro per le squadre con 10 match trasmessi ed un milione di euro per ogni gara addizionale) ed il residuale 25% viene infine assegnato in base al piazzamento in classifica al termine del campionato (1,7 mln in più per ogni posizione occupata). In pratica l’incidenza della distribuzione in parti uguali è questa: 67.45% in Inghilterra (in quanto in tv vengono trasmesse molte più partite, di conseguenza un buon 13% del restante 50% comunque viene ripartito tra tutti i club), e 40% Italia. Ciò significa che mentre oltremanica l’ultima guadagna circa 2/3 della prima in classifica (che si assicura circa il 6% degli introiti totali), in Italia invece la vincitrice del titolo finisce per guadagnare 4 volte quanto il fanalino di coda, garantendosi più dell’11% del totale. Con le regole della Premier ad esempio alla Juventus spetterebbero circa 20 mln in meno.

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Liga Spagnola, Ligue 1 e Bundesliga
Anche in Spagna, dove la prima in classifica prendeva in media undici volte quanto l’ultima, le cose stanno cambiando. A partire dalla prossima stagione gli spagnoli passeranno dunque da un sistema soggettivo (prima era il singolo club a dover intavolare una trattativa con la Lega calcio) ad uno collettivo: la quota sarà suddivisa secondo criteri che terranno conto dei risultati sportivi nelle ultime cinque stagioni, del numero di biglietti e abbonamenti nelle ultime cinque stagioni, e del bacino di utenza, e la quota ripartita in parti uguali sarà pari al 50%, una sorta di compromesso tra il sistema italiano e quello inglese, ottenuto dalla piccole a seguito delle minacce di uno stop del campionato a fine aprile. Decisamente più proporzionato nella distribuzione dei diritti TV è il campionato francese, il meno ricco con i suoi circa 500 milioni di euro a stagione, il rapporto prima-ultima è di 3,5:1, anche grazie al criterio innovativo della licenza, che spazia dalle condizioni dello stadio e del campo di gioco fino alle infrastrutture del club, specie delle giovanili e alle sue competenze salariali. Unico nel suo genere invece è il campionato tedesco. Il sistema vigente nella Bundesliga è interamente incentrato sul criterio dei risultati sportivi e non tiene quindi in considerazione il bacino di utenza e il numero di partite del club trasmesse in diretta TV.