Rimane lì, Serse, in panchina. Piange, Cosmi. Anche le lacrime rendono giustizia alle imprese mancate, sfumate sul più belle. Sono la poesia di una sconfitta. Anche qualcosina in più. Allenatore burbero solo all’apparenza, deejay per passione, passionale per vocazione. Allenatore di cuore, all’italiana. Allenatore di provincia, del popolo. Sarà per questo che Serse Cosmi è tanto amato dai tifosi. Dalla sua Perugia, da quella Lecce che l’aveva adottato solo per qualche mese ma nella quale continua a tornarci non appena ne ha l’occasione, dalla nuova casa, Trapani. Quella Trapani che nell’anno dei miracoli calcistici ci prova sul serio ad andare in A, e sfuma tutto per una conclusione di Verre da lontanissimo.

Trecinquedue ante litteram, ante Conte soprattutto. Prima che divenisse di moda. Di quelli che palla sulla fascia e pedalare, lontano dal tiki-taka. Ha iniziato a Ellera, e non chiedetemi dove sia. Calciatore dalle fortune inesistenti: lo ha sempre fatto per passione. Simbolo di quelle storie del calcio che oggi vengono etichettate come favola. Serse non è una favola del calcio moderno. C’è arrivato con i fatti, con il lavoro, con il sudore sotto il cappellino, passando da anni lunghi di gavetta, campi polverosi, serie minori. Non è una favola, è lavoro, baby. L’uomo del fiume ha vinto ancora, perdendo. Finisce di nuovo in lacrime, come 4 anni fa a Lecce.

Le prime lacrime arrivarono dopo Lecce-Fiorentina. Erano di tensione. Poi Chievo-Lecce, l’ultima in A dei salentini, che oggi sono sprofondati nell’inferno della Lega Pro. E una maglietta con su scritto: “Stu core nu bu lassa mai”, in dialetto salentino. “Questo cuore non vi lascia mai”, come a sancire un legame eterno, creato in pochi mesi. Ovunque sia andato quel cuore non è partito mai più. Quel cuore affranto, consolato da Oddo, suo calciatore ai tempi di Lecce e oggi allenatore avversario. Nell’immagine che commuove il web. Ma Serse ha vinto ancora, perdendo.

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