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Questa Inter non sembra la stessa che ha iniziato il campionato. Eppure i colori sociali, il tecnico e la rosa sono gli stessi. Cosa sarà capitato alla banda Mancini? Sembra Poca la fame e il carisma della squadra, oppure tutti i limiti ben cammuffati sotto l’abito dell’1-0 stanno venendo fuori? Le colpe di questa misfatta però non sono da indirizzare solo al mister jesino, ma alla dirigenza tutta, che ha affidato a occhi chiusu la gestione tecnica al tecnico, con Ausilio e Zanetti a fare da collante tra la gestione sportiva e il management anglo-americano, con questi ultimi troppo presi a riempire lo stadio, creare valore, e vendere le magliette e la pubblicità.

Tutto sacrosanto al giorno d’oggi per carità, ma Mancini andava in qualche modo limitato, magari consigliato. Non sarà diventato un brocco da un momento all’altro, ma certi repentini cambi di formazione e di capitano, proprio non capitano per caso, sembrano frutto invece di una leadership estemporànea come quella della squadra, chiamata adesso alla ripresa, magari affidandosi alla formula più nota, un gol e difesa serrata, Handanovic protagonista e nulla più, come visto Ieri contro il Chievo.
Da vedere se il confronto con i tifosi post-derby, e la chiusura di un mercato anomalo per i meneghini, fatto di cessioni (cinque, n.d.r.), riuscirà a portare serenità in Corso Vittorio Emanuele, e a permettere all’Inter di centrare il traguardo annunciato a inizio stagione, quel posto in Champions tanto agongato, poi scontato, visti i quattro mesi e mezzo da capolista, e ora persa di vista, a favore della Fiorentina zaratiana di ieri sera, contro il solito Carpi corsaro, ma non fino alla fine.
Questa Inter in fondo ha il dubbio amletico, ancora, di capire se essere padrona del prorio destino o serva, se essere o non esseere, come lo è stata con il Chievo per ottantacinque minuti, ma non per gli ultimi, già fatal minuti finali, che sono costati alla banda Shakespiriana del mancio ben quattro punti, dallo scontro con la Lazio in poi.

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